L’acqua di san Giovanni

Giardinoweb

Buongiorno cari amici da Andrea

Anche per oggi abbiamo la nostra Maria Cristina che ci insegnerà come preparare l’acqua di San Giovanni.


Conosciamo i fiori per l’Acqua di San Giovanni.

Il Fiore per eccellenza e di massima fioritura in questo periodo è L’IPERICO vi ho aggiunto anche la ricetta casalinga per realizzare l’Oliolito a freddo d’iperico. L’iperico nome scientifico Hypericum perforatum, nota anche col nome di erba di San Giovanni, perforatum deriva dal fatto che le foglioline sono bucherellate e si vedono controluce. I suoi fiori sono di colore giallo oro, all’iperico vengono attribuite proprietà antinfiammatorie, cicatrizzanti e, soprattutto, antidepressive e ansiolitiche. In particolare, l’azione antinfiammatoria sembra sia dovuta all’ipericina e all’amentoflavone (un flavonoide) contenuti all’interno della pianta stessa. Oliolito a Freddo d’Iperico L’olio di iperico è un valido rimedio in caso di scottature, ustioni ed eritemi solari. E’ inoltre utile per trattare la pelle arrossata da pannolini nei bambini, è un ottimo sbiancante per le macchie della pelle. Eccellente come lenitivo doposole non va però usato prima di esporsi al sole perchè ha un effetto fotosensibilizzante, cioè durante l’esposizione al sole rende la pelle più sensibile agli effetti dannosi delle radiazioni. Ecco come preparare in casa l’oleolito d’iperico: Dopo aver raccolto i fiori d’iperico mettere le cime del fiore ben pulite e asciutte in un vasetto di vetro e coprire fino all’orlo con olio di girasole. Tenere coperto con una garza per 7 giorni in modo da far evaporare eventuali residui di acqua, chiuderlo ermeticamente e tenere a stagionare per un mese ai raggi del sole il giorno e della luna di notte, ogni tanto scuotere il barattolo. L’olio di Iperico è pronto quando ha un bel colore rosso intenso. Filtrare con un colino e una garza di cotone. Premere bene i fiori con un cucchiaio o un bastoncino di legno e versarlo in una bottiglietta di vetro scuro per proteggerlo dal sole e conservarlo al buio, il vostro olio è pronto per essere utilizzato e si conserva per circa un anno San Giovanni Lavandula, Lavanda (Linneo 1753) Il nome “lavanda” con il quale siamo abituati a chiamare queste piante (ma anche quello scientifico Lavandula) è stato recepito nella lingua italiana dal gerundio latino del verbo “lavare” (lavandus, lavanda, lavandum = “che deve essere lavato”)deriva dal fatto che queste specie erano molto utilizzate nell’antichità, soprattutto nel Medioevo per detergere il corpo. Curiosità  Una leggenda provenzale narra che i guantai di Grasse utilizzavano l’olio di lavanda per profumare i pellami e grazie a questo divennero immuni dalla peste. Nell’800 venivano usate alcune gocce di essenza di lavanda nell’acqua del bucato e ancora oggi si utilizza per profumare gli ambienti. Gli antichi romani usavano la lavanda per profumare di tutto, dall’acqua del bagno alla biancheria da letto. Nell’antico Egitto la lavanda era una delle erbe utilizzate nel processo di mummificazione. Preparazione dell’acqua profumata di lavanda Versare 30 grammi di fiori in un litro di alcool a 90 gradi Far riposare per 24 ore Filtrare Conservare in bottigliette ben chiuse e tenere lontano dai bambini La “lozione” antireumatica potrebbe risultare troppo concentrata. In questo caso è consigliabile diluirla con dell’acqua distillata. Se vogliamo realizzare il profumo, (colonia) lasciamo la lavanda per due settimane a macerare nell’alcool. Per la sua profumazione, questo preparato è ottimo: come profuma ambienti, profuma-cassetti in legno e anche come essenza profumata metterne un po’ in un batuffolo di ovatta oppure su un fazzoletto accanto al letto di sera favorisce il sonno e tiene lontano le zanzare, non solo il suo profumo sprigionato dagli oli essenziali aiuta a rilassarsi. Lavandula LA GINESTRA E’ una pianta tipica della nostra macchia mediterranea, con un’antica tradizione popolare. E’, infatti, impiegata fin dall’antichità come pianta da fibra. Popoli antichi, quali Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani, la usavano per la produzione di stuoie, corde e manufatti vari. Il termine “ginestra” deriva dal greco spartos=corda, a conferma dell’impiego della fibra per la realizzazione artigianale di tessuti grossolani. La ginestra appartiene alla grande famiglia botanica delle Leguminosae. A questa famiglia appartengono piante come fagiolini, fave, piselli, lenticchie, ceci. A differenza di quest’ultime, però, i frutti della ginestra non sono commestibili, anzi, tutte le parti della pianta sono tossiche per l’uomo se ingerite. Secondo i Celti la ginestra rappresentava il Sole, ed era utilizzata durante i riti funebri, di certo si sa che le ceneri del suo legno, erano sparse come fertilizzante per i terreni sterili, richiamando emblematicamente la nuova vita che nasce dalla morte. Per concludere vi parlo dell’Elicriso Elicriso Il suo nome deriva dal greco helios (sole) e chrysos (oro), perché il colore giallo dei fiori ricorda il sole. E’ una specie usata fin dall’antichità, per le sue innumerevoli proprietà medicamentose. Una peculiarità dei fiori d’elicriso è che, una volta colti, si conservano a lungo, dando l’impressione di non seccarsi mai. Ha un profumo aromatico molto intenso, che ricorda quello della liquirizia. Il suo aroma è stato citato già nel I secolo d.C. da Plinio il Vecchio che, nella sua opera Naturalis Historia, lo descrisse come per nulla sgradevole e in grado di proteggere gli abiti dalle tarme. L’uso di questa pianta in campo medico e fitoterapico è ampiamente conosciuto fin dai tempi dei romani. A cosa fa bene l’elicriso? In particolare, è usato per la gestione dei problemi respiratori e digestivi, e per la cicatrizzazione delle ferite. Quindi, la pianta, che si assume come decotto o tisana, è considerata benefica per le condizioni infiammatorie e infettive delle vie aeree, tra cui tosse, bronchite, laringite e tracheite. Segui la bellissima e interessante pagina FB di Maria Cristina Mosciatti.

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